Sonno e respiro
Fino a non molto tempo fa il sonno era patrimonio quasi esclusivo della filosofia, della poesia e della psichiatria psicodinamica,e solo con l’avvento di tecniche neurofisiologiche derivate dall’impiego dell’elettroencefalogramma durante la notte, esso è divenuto gradualmente un ambito che continua a rivelare fenomeni di estremo interesse anche per la fisiologia e la patologia. La considerazione che almeno un terzo della vita umana è spesa dormendo e l’osservazione di una variabile incidenza di eventi cardiovascolari nella notte, costituiscono ragioni del crescente interesse per gli effetti del sonno sul sistema cardiovascolare che hanno indotto a studiare e definire il profilo cardiaco, vascolare, umorale ed emodinamico notturno in rapporto con le fasi del sonno. Esiste infine una relazione speciale ed intima tra sonno e respiro, tanto che gli antichi antichi Greci crearono il mito di Ondino, il dio incapace di respirare mentre dormiva. Il sonno infatti predispone all’insorgenza di disturbi respiratori attraverso alcune variazioni neurofisiologiche proprie così che la dannazione di Ondine altro non è che l’archetipo di un gruppo di alterazioni della funzionalità del respiro solo di recente descritte e ampiamente diffuse nella popolazione generale,con un ampio spettro di severità e di implicazioni fisiopatologiche e cliniche. Lo studio del sonno ha così rivelato l’esistenza di disturbi respiratori notturni che il dato epidemiologico e l’impatto fisiopatologico e clinico indicano essere intimamente associati a maggiore morbidità e mortalità cardiovascolare e si configurano in due quadri distinti per patogenesi, presentazione clinica e trattamento: la sindrome delle apnee di tipo ostruttivo (OSAS) e la sindrome delle apnee di tipo centrale (CSAS).