Diagnosi strumentale
Questo documento nasce dalla esigenza di consentire uniformità di definizione in ambito nazionale degli eventi respiratori durante il sonno quando siano ottenuti attraverso metodica polisonnografica o attraverso sistemi di monitoraggio di III livello (“cardiorespiratorio”). Poiché la identificazione degli eventi respiratori nel sonno dipende in modo sensibile dagli strumenti utilizzati per la registrazione del flusso aereo, il documento raccomanda di utilizzare per la valutazione del flusso aereo i sistemi di cannule nasali accoppiati a trasduttori di pressione.
Gli Autori hanno definito i seguenti indici derivati dai sistemi polisonnografici:
– Indice di apnea-ipopnea (AHI): esprime il numero di apnee e/o ipopnee per ora di sonno
– Indice di disturbi respiratori (RDI): esprime il numero di apnee, ipopnee e Respiratory Effort Related Arousals (RERA) o Flow Limitation Arousals (FL-Arousal) per ora di sonno
Nella pratica clinica, l’RDI sarà dato dalla somma di “apneeipopnee plus RERA” (nel caso venga utilizzato il sensore di
pressione endotoracica) oppure dalla somma di “apnee-ipopnee plus FL-arousal” (nel caso si utilizzi il sensore di pressione nasale)
– Indice di desaturazione ossiemoglobinica (ODI) 4% per ora di sonno ³: esprime il numero di desaturazioni
Gli Autori hanno definito i seguenti indici derivati dai sistemi di monitoraggio cardiorespiratorio:
– Indice di apnea-ipopnea (AHIa): esprime il numero di apnee e/o ipopnee per ora di registrazione utile
– Indice di desaturazione ossiemoglobinica (ODIa): esprime il numero di desaturazioni per ora di registrazione utile.
Il “tempo di registrazione utile” che verrà utilizzato per il calcolo degli indici derivati dal monitoraggio cardiorespiratorio è individuato dal numero di ore passate in decubito supino o laterale, sottraendo, dalle ore di registrazione, la durata del tempo in ortostatismo ed il tempo passato con le luci accese.
Questo documento indica sistematicamente le definizioni degli eventi respiratori sonno-correlati, e degli indici derivati dalla polisonnografia e dagli esami di monitoraggio cardiorespiratorio notturno, proponendo inoltre modalità standardizzate per il calcolo degli indici di apnea-ipopnea (AHI) e di disturbi respiratori nel sonno (RDI). Il documento illustra norme generali di effettuazione degli esami di monitoraggio cardiorespiratorio notturno in regime domiciliare con la duplice finalità di aumentare, in ambito nazionale, l’uniformità operativa dei numerosi Centri Pneumologici che si occupano di diagnosi e terapia dei disturbi respiratori sonno-correlati e di ridurre la variabilità interpretativa “inter-centro” degli esami di diagnostica dei disturbi respiratori nel sonno.
La diagnosi delle apnee nel sonno è basata sulla documentazione con sistemi poligrafici, quali la polisonnografia ed il monitoraggio cardiorespiratorio, dei singoli eventi respiratori . La documentazione strumentale permette di definirne le caratteristiche e di quantificarli ottenendo indici sui quali si basa la diagnosi e la gravità del quadro ostruttivo sonno correlato a carico delle prime vie aeree. Tali indici, associati al quadro clinico comprensivo dell’eventuale comorbidità, orientano la scelta terapeutica, la valutazione dell’efficacia del trattamento ed il follow-up. È evidente quanto la metodologia per la formulazione degli stessi possa incidere sull’iter diagnostico e terapeutico del singolo paziente. L’indice di apnea ed ipopnea (AHI) e l’indice di disturbi respiratori (RDI), originariamente derivati dalla polisonnografia, esprimono il numero di eventi per ora di sonno. Pur in assenza dei segnali elettrofisiologici (EEG, EOG, EMG) necessari per la stadiazione del sonno, AHI e RDI sono oggi abitualmente calcolati anche con un monitoraggio cardiorespiratorio, avendo come denominatore parametri quali le ore di registrazione o di sonno presunto. Diverse variabili come la sottrazione o meno del tempo con artefatti, la definizione dell’ora di spegnimento della luce, le ore passate in decubito supino o laterale od in ortostatismo, il tempo di sonno desunto dalle indicazioni fornite dal paziente, ed altre ancora possono influire in modo significativo sulla misura di tali parametri che risultano non rigorosamente oggettivabili e comunque non standardizzati.
Ne deriva la possibile sottostima del numero di eventi respiratori realmente accaduti nel sonno, peraltro correttamente quantificabili con polisonnografia.
Il gruppo di studio AIPO sui Disturbi Respiratori nel Sonno ha prodotto questo documento nel quale indica sistematicamente la definizione degli eventi respiratori nel sonno e gli indici derivati dalla polisonnografia. Ha
quindi indicato una modalità, standardizzata e basata su criteri oggettivi, per il calcolo degli indici derivati
dal monitoraggio cardiorespiratorio.
Gli eventi respiratori nel sonno
La definizione degli eventi respiratori nel sonno deriva dall’analisi dei segnali di flusso aereo oronasale (V’), della pressione (P) generata durante l’atto respiratorio, del movimento toraco-addominale, e di saturazione in ossigeno dell’emoglobina (SaO2). La definizione di tali eventi dipende anche dagli strumenti utilizzati per la misura dei segnali. Quelli di riferimento per il V’ e la P sono lo pneumotacografo ed il sondino esofageo con trasduttore di pressione.
La linearizzazione del segnale, ottenuta mediante correzione con la radice quadrata del segnale di pressione
ottenuto dalla cannula nasale, fornisce un V’ sostanzialmente sovrapponibile a quello ottenuto con lo pneumotacografo. Per questo, e per la maggiore semplicità di utilizzo, le cannule nasali collegate al trasduttore di pressione sono oggi abitualmente impiegate per la misura del V’ o della P.
Il “tempo di registrazione utile” che verrà utilizzato per il calcolo degli indici derivati dal monitoraggio cardiorespiratorio è individuato dal numero di ore passate in decubito supino o laterale, sottraendo, dalle ore di registrazione, la durata del tempo in ortostatismo ed il tempo passato con le luci accese.
Apnea: assenza o pressoché totale assenza del flusso aereo oronasale per un periodo superiore a 10 secondi; non è determinante l’associazione con una desaturazione e/o con un arousal.
In assenza di movimento toraco-addominale l’apnea è definita di natura centrale.
La presenza di un movimento toraco-addominale le qualifica come ostruttive.
L’apnea è definita mista qualora si documenti assenza nella porzione iniziale e successiva comparsa nella porzione finale di movimento toraco-addominale.
Ipopnea: tale definizione è più controversa: le ultime indicazioni differenziano la definizione per scopi di ricerca da quella clinica; quest’ultima indica l’ipopnea come un evento respiratorio caratterizzato da una riduzione del flusso aereo a 10 al 70% del riferimento per un periodo superiore superiore secondi, associato ad una desaturazione ossiemoglobinica di almeno il 4%. Per la definizione ad uso clinico di ipopnea non è determinante l’associazione con un arousal (la desaturazione è condizione necessaria e sufficiente per il riconoscimento dell’ipopnea).
La differenziazione fra ipopnee di natura ostruttiva e centrale nella pratica clinica può essere dedotta rispettivamente
dalla presenza o assenza di movimenti toraco-addominali paradossi, dalla forma appiattita o regolare della porzione inspiratoria della curva di flusso oppure dalla presenza o assenza di incremento della intensità del russamento. Ipopnee di natura centrale inoltre sono di regola riconoscibili perché si sviluppano nel contesto di un identificabile andamento periodico in crescendo/decrescendo del respiro.
Flow Limitation Arousal (FL10 sec ( ): evento respiratorio superiorere a< 60 sec) caratterizzato da un pattern
di atti respiratori con limitazione di flusso inspiratorio che cessa in corrispondenza di un arousal.
Per definizione sia i RERA che i FL sono individuabili con la sola polisonnografia che permette di documentare tali eventi respiratori associati con l’arousal. In ragione della dimostrata e sostanziale coincidenza dei RERA (riconosciuti mediante sondino esofageo) con i FL (riconosciuti con l’uso di cannula nasale) riteniamo che nella pratica clinica sia giustificato identificare “concettualmente” i RERA con gli FL.
Respiro Periodico di Cheyne-Stokes (CSR): pattern respiratorio caratterizzato da alternanza periodica di ipoventilazione ed iperventilazione con tipico andamento in crescendo-decrescendo.
Si suggerisce che venga riportato nel report come “indice di CSR”: il tempo totale di CSR diviso il tempo totale di registrazione (time in bed). Il CSR può infatti essere presente anche durante la fase di veglia.
Arousal (microrisveglio) è un evento neurologico documentabile con l’elettroencefalogramma. Si differenzia quello corticale da quello autonomico. L’arousal corticale è un brusco cambio nella frequenza EEG di fondo che può includere frequenze theta, alfa e/o frequenze superiori a 16Hz. La durata dell’arousal deve essere di almeno 3 secondi e nel sonno NREM, a differenza di quanto richiesto in REM, può manifestarsi senza contemporaneo incremento del tono del muscolo miloiodeo.
L’arousal non è necessario per la definizione di apnee ed ipopnee (per quest’ultime con l’eccezione di quanto richiesto in ambito di ricerca) mentre è uno degli elementi essenziali e necessari per la definizione di RERA e di FL, eventi a loro volta costitutivi dell’RDI.
In senso strettamente nosologico RERA e FL saranno alternativi poiché il setting polisonnografico non prevede l’adozione contemporanea sia del sondino esofageo che della cannula nasale. Ne consegue che, nella pratica clinica,
l’RDI sarà dato dalla somma di “apnee-ipopnee plus RERA (nel caso venga utilizzato il sensore di pressione
endotoracica) oppure dalla somma di “apnee-ipopnee plus FL( nel caso si utilizzi il sensore di pressione nasale).
Nel corso di un monitoraggio cardiorespiratorio notturno completo è possibile il rilievo di segni strumentali
di attivazione autonomica (tachicardia coincidente alla f ase di riapertura delle vie aeree, iperventilazione post-ostruttiva, desincronizzazione-risincronizzazione dei movimenti toraco-addominali) che si accompagnano ad eventi di limitazione di flusso inspiratorio ma che non possono (per gli ovvi motivi legati alla metodica non polisonnografica completa) soddisfare tutti i criteri richiesti per la diagnosi di FL. Suggeriamo che tali eventi, suggestivi di FL, debbano comunque essere segnalati nel report, ma non utilizzati per il calcolo dell’AHI e siano considerati significativi nella valutazione dei quadri border-line sia da un punto di vista diagnostico che terapeutico.
Si raccomanda che nel caso di una “registrazione utile” inferiore a quattro ore di registrazione valida per l’analisi dei segnalisegnali, ad esempio per importanti artefatti di qualità tecnica o per tempo di ortostatismo molto elevato, si provveda alla ripetizione dell’esame o all’effettuazione di una polisonnografia.
Inoltre, nel caso di monitoraggio cardiorespiratorio domiciliare, è opportuno che il paziente si attenga al meglio alle indicazioni riportate in appendice. Queste saranno illustrate e date in copia al paziente ad opera del medico.
Conclusioni
Abbiamo illustrato quali sono i limiti nella formulazione degli indici diagnostici strumentali derivati dal monitoraggio cardiorespiratorio. Pur essendo tali limiti insuperabili, in ragione dell’ovvia impossibilità a misurare il sonno con segnali elettrofisiologici, abbiamo descritto una metodologia che permetta di standardizzare al meglio la modalità di calcolo degli stessi. Tale metodologia è in parte attribuibile anche a criteri arbitrariamente scelti sulla base dell’esperienza che deriva dalla pratica clinica quotidiana. Peraltro, riteniamo che con le modalità organizzative e la dotazione strumentale oggi disponibili nelle UU.OO. di Pneumologia italiane possa comunque soddisfare al meglio la necessità di superare le difficoltà nell’impostare un corretto approccio clinico-terapeutico in materia di apnee nel sonno. Questo allo scopo di dare uniformità nella formulazione degli indici derivati dal monitoraggio cardiorespiratorio e ridurre l’attuale variabilità inter-scorer ed infra-scorer.