Scompenso cardiaco
Il tasso di ospedalizzazione e la mortalità per lo scompenso cardiaco restano alti e per questo è importante riconoscere e trattare le patologie concomitanti che potrebbero aggravare il disturbo. Tra queste, appunto, la sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS), malattia contraddistinta da sonnolenza diurna, russamento notturno e collassi ripetuti delle pareti faringee con interruzione del flusso aereo. Di norma il riposo di notte si accompagna a una riduzione della pressione arteriosa, della frequenza e della gittata cardiaca: nella sindrome delle apnee notturne invece il sonno ne risulta così turbato da esporre il cuore a ripetuti episodi ipossici associati a repentini aumenti della pressione arteriosa e di quella intratoracica. Tale ipertensione aggrava o favorisce lo scompenso, mentre la riduzione della pressione intratoracica dovuta allo sforzo inspiratorio durante l’apnea, da un lato riduce il riempimento e dall’altro aumenta la resistenza allo svuotamento del ventricolo sinistro. La conseguenza di tali fenomeni è la riduzione della gittata cardiaca. Ad aggravare il quadro si aggiunge l’ipossia intermittente, capace non solo di ridurre direttamente la contrattilità miocardica, ma anche di diminuire la frazione di eiezione aumentando la pressione nel circolo polmonare. L’ipossia inoltre provoca ischemia miocardica nei pazienti con cardiopatia ischemica e induce la vasocostrizione. Quest’ultima, mediata da un’iperattività del sistema nervoso simpatico, causa a sua volta un aumento della pressione arteriosa e quindi della resistenza allo svuotamento del ventricolo sinistro con ulteriore peggioramento dello scompenso. Infine, l’iperattività del simpatico induce ipertrofia delle cellule muscolari lisce e predispone alle aritmie. E il circolo si chiude. Ma le apnee ostruttive possono essere curate. La terapia si chiama ventilazione meccanica e consiste nell’applicazione, nelle ore notturne, di una mascherina nasale connessa a un dispositivo che eroga la cosiddetta pressione positiva continua nelle vie aree, un flusso d’aria ininterrotto che mantiene aperte le vie respiratorie impedendo le apnee (CPAP). L’ipotesi di lavoro da cui si è partiti è che, nello scompenso cardiaco complicato da apnee, la ventilazione notturna migliori la frazione di eiezione e riduca la pressione arteriosa nelle ore diurne.
Si riporta uno studio canadese: i partecipanti alla ricerca sono stati 24. Tutti avevano, oltre al ventricolo sinistro dilatato con una frazione di eiezione inferiore al 45 per cento da almeno sei mesi, anche una sindrome delle apnee con almeno 20 episodi apnoici per ora di sonno. Le interruzioni respiratorie sono state documentate con la polisonnografia. Due ore dopo il risveglio ai pazienti venivano dapprima misurate la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca in continuo per un quarto d’ora, poi veniva eseguito un ecocardiogramma con registrazione delle dimensioni ventricolari e calcolo della frazione di eiezione. Dopo gli esami i partecipanti sono stati divisi in due gruppi: il primo trattato con terapia medica a base di farmaci come betabloccanti, diuretici, ACE inibitori, nitrati o diossina; l’altro in cui alle medicine è stata aggiunta la ventilazione a una pressione media di nove centimetri d’acqua. Dopo un mese di terapia gli esami sono stati ripetuti. Alla fine dello studio nel gruppo di controllo, quello trattato con i soli farmaci, non si sono registrate differenze né nel numero di apnee né nei valori pressori o di frequenza cardiaca, e nemmeno nelle dimensioni del ventricolo sinistro o nella frazione di eiezione. Tutt’altra storia, invece, nei pazienti curati con la ventilazione meccanica. In questo caso non solo le apnee sono migliorate, ma la pressione sistolica diurna è scesa da 126 a 116 mmHg, la frequenza cardiaca si è abbassata da 68 a 64 battiti per minuto, le dimensioni del ventricolo sinistro si sono ridotte da 54 a 51 mm e la frazione di eiezione è migliorata dal 25 al 34 per cento.
La ventilazione meccanica smorza gli effetti delle apnee sullo scompenso, che invece non sono per niente influenzati dalla terapia medica. L’effetto benefico del ventilatore continua anche di giorno. Il risultato finale dopo un mese di terapia è stato un guadagno netto del nove per cento sulla frazione di eiezione e un calo di 3 mm nelle dimensioni ventricolari alla fine della sistole.