Ipertensione non responsiva
Le maggiori conseguenze a lungo termine della sindrome dell’apnea ostruttiva nel sonno (OSAS) sono a carico dell’apparato cardiovascolare. In assenza di trattamento il rischio di eventi cardiovascolari è elevato,almeno nei pazienti con OSAS grave. Anche se l’uso abituale della pressione continua positiva per via nasale (CPAP) durante il sonno normalizza tale rischio, la frequente coesistenza di altri fattori, quali obesità, ipertensione, dislipidemia, o fumo di sigaretta, rende difficile accertare il ruolo indipendente dell’OSAS nell’aumento della mortalità e della morbosità cardiovascolari ad essa associate. L’OSAS può intervenire nella patogenesi dell’ipertensione arteriosa attraverso vari meccanismi. L’ipossiemia intermittente notturna e l’interruzione dello stato di sonno (arousal) associati alle apnee sono potenti fattori di attivazione autonomica e giocano un ruolo patogenetico nell’aumento della pressione arteriosa sistemica che si verifica nel post-apnea. L’OSAS è caratterizzatada iperattività simpatica non soltanto durante il sonno ma anche in veglia, e ciò può contribuire alla patogenesi dell’ipertensione arteriosa stabile che si riscontra in oltre il 50% dei pazienti OSAS. Tuttavia, la terapia con CPAP mediamente riduce la pressione arteriosa inmodo limitato, suggerendo l’ipotesi che l’OSAS possa esercitare un ruolo permissivo, piuttosto che agire da causa principale e diretta di ipertensione arteriosa. Allo stato attuale delle conoscenze, il messaggio clinico più importante è la necessità di approfondire l’iter diagnostico nei pazienti OSAS riguardo soprattutto l’apparato cardiovascolare. In ambito cardiologico occorrerebbe sospettare l’OSAS nei pazienti con ipertensione refrattaria al trattamento o con alterazioni del profilo pressorio nelle ore notturne. È possibile, ma non dimostrato, che l’ipertensione arteriosa sia il meccanismo maggiormente responsabile dell’elevato rischio cardiovascolare dei pazienti OSAS.